Vagheggiamenti di una parkinsoniana! L'AMANTE

Vagheggiamenti di una parkinsoniana! L'AMANTE

06/09/2017

"Un giorno qualsiasi, non ricordo né la data né quale giorno fosse, ero stata operata da una settima di quell'accidente di tumore al seno che mi aveva sorpresa perché facevo il controllo annuale da circa venti anni.

Ma nonostante tutto ero fiduciosa, convinta che le cose sarebbero andate bene. I conti alla femminile (diceva mia nonna) non li puoi fare, perché quel diavolo di un diavolo, se decide di fotterti, allora ci mette la coda e sono cavoli.
E cavoli sono stati, questi!
Tu con la tracotanza e la consapevolezza della tua forza, mi hai derisa mettendomi alla berlina, mostrandoti al mio fianco.
In maniera silente entri nel mio corpo e molto lentamente nella mente, lasciandomi il tempo di vivere appieno il decadimento del mio essere e la consapevolezza che tutto questo è irreversibile.
Da quel momento è cominciato tra noi una sorta di rapporto di odio-amore, che sono ormai certa non mi abbandonerà mai più.
Il tuo altalenante apparire, alle volte sfuggente, altre indifferente e altre ancora, aggressivo di una forma quasi violenta che quando molla la presa mi lascia il vuoto dentro devastandomi, mi sento derubata dell'anima e questo stato è quasi impossibile descriverlo,se non si è mai provato.
È un braccio di ferro, un gioco subdolo e un rincorrersi a chi arriva prima, io con le mie forze e tu con la tua bramosia di conquista, ad una delle pietre miliari, che il destino ha messo in bella vista sul mio cammino, senza alcuna via di fuga.
Invece ora sono costretta a questa convivenza.
Siamo come due fratelli siamesi con parte del corpo fuso insieme, ma con i cervelli indipendenti, tu che come scopo della tua esistenza cerchi in tutti i modi di inglobarmi, ed io pensando troppo spesso erroneamente di essere più astuta, facendoti credere che per me non esisti, che non mi crei alcun problema, che sono esattamente come tutti gli altri, e quindi a questo punto mi butto in qualche impegno, faccio, faccio, faccio.
Ma alle volte mi ritrovo con il naso lungo come Pinocchio e questa è una delle batoste che mi auto infliggo. Troppo spesso mi lascio coinvolgere da svariati impegni, dimenticando che il corpo e il cervello vanno a due velocità differenti.
E a questo punto che mi assale lo sconforto, perché nella testa si affollano pensieri, paure ed ansie quando penso al futuro e sempre più alla eventualità di dipendere da chi mi sta vicino e che queste giornate abbastanza spesso hanno un solo colore: il grigio.
In questi momenti mi sento morire, ma spesso questa situazione
diventa paradossale perché io non ho l'aspetto di una parkinsoniana e quindi se mi venisse chiesto di uscire o fatta una qualsiasi altra proposta altrettanto semplice e da parte mia ci fosse un rifiuto perché non me la sento, le mie potrebbero apparire banalissime scuse e così ricomincia il solito balletto, testa sempre più confusa, pensieri contrapposti che si accavallano, sensi di colpa, di impotenza e a volte, per evitare questa bagarre, mi costringo ad accettare.
Ma anche così la cosa non va, per cui me la prendo con me stessa, per aver ceduto e per non essere riuscita ad imporre la mia volontà, poi improvvisamente, certamente per quel bisogno ancestrale che è insito nell'essere umano, mi prende la voglia di sopravvivenza e intorno a me tutto si schiarisce, così si riprende l'altalena e in questo caso anche la voglia di batterlo per gridare vittoria.
La durata di questa euforia è abbastanza variabile perché è sufficiente che l'interruttore si trovi sulla posizione off, per sentirmi crollare nuovamente il mondo addosso; mi sento svuotata di ogni forza, tutto diventa faticoso, dalle cose più elementari a quelle più complesse.
Così nelle lunghe notti insonni che ormai sono la quotidianità, io cerco delle strategie per bloccarti, per impedirti di fagocitarmi anche se razionalmente mi rendo conto che è un'impresa ardua.
Sei capace di adottare metodi ambigui per non spaventarmi e quindi cogliermi di sorpresa, annullando le già faticose strategie.
Ma io, mio caro, dopo sei anni ormai credo di conoscerti e in un certo qual modo riesco a prevedere le tue mosse e quando tu lanci l'esca, sono pronta a neutralizzare il tuo attacco. Tutto questo è molto impegnativo e stancante e non sempre mi riesce.
Ma con la voglia di non soccombere ai tuoi inganni, come Ulisse mi lego all'albero della vita e resisto e quando ci riesco ci sono giorni di euforia, anche se sono consapevole che non durerà per molto ma non importa, va bene comunque!
Tu, mio ingordo amante vorresti tutto e subito.
Percepisco il tuo desiderio sempre più pressante.
Per me invece ogni piccola vittoria, ogni volta che riesco a rialzarmi, ogni volta che riesco a tenerti testa, penso che ce la posso fare a reggere questo tuo ignobile gioco.
Mio caro Amante, ti sembrerà strano che io ti chiami cosi, ma in questa nostra partita ci sono delle situazioni nelle quali tu fai emergere in me delle sensazioni particolari come ad esempio, desideri, capacità che non credevo di avere o che mi sembravano solo delle utopie.
Sei riuscito a farmi superare i sensi di colpa assurdi che mi porto dentro da sempre, mi fai sentire più sicura e mi spingi ad avere maggiore autostima e per questo, con un pizzico di follia, ti sono grata.
Sono certa che a questo punto, se tu fossi un vero amante grideresti vittoria, sicuro di avermi soggiogata e piegata alla tua volontà.
Qui ti devo fermare, perché tutti questi sentimenti che a volte possono sembrare contraddittori, sono intrisi di un odio così grande da caricarmi di quella forza necessaria per accettare la sfida anche se sono consapevole che con te la vittoria non potrò mai averla del tutto ma altrettanto consapevolmente so che finché avrò forza ti terrò a bada".
Anna B.