Favola:Asio Otus
Favola:Asio Otus
Su una vecchia quercia
di un bosco collinare che non so
viveva un vecchio gufo chiamato "asio otus".
Sapiente, silenzioso e impenetrabile,
quanto più sapeva più taceva,
più taceva e più sapeva.
Lenta e armoniosa
scorreva la vita su quel colle: una festa!
Avvenne un giorno che durante un temporale
un fulmine abbattè la vecchia quercia
e l'anziano pennuto volò via
e divenne scuro ciò che prima era parso chiaro.
Sui rami dell'albero abbandonato
brillarono lacrime di pioggia.
Occhi sgomenti si aprirono
e rapidamente si chiusero, spaventati.
Tremavano i cuori,
non rifiorivano più i ciclamini,
imperocchè mancò nel mormorar dell'aria
il saper del saggio otus.
Ad ogni questionare un pandemonio da spallazione,
s'abbarruffava il tempo come all'imperversar dei venti,
si sconvolgeva il bosco per nulla tra lotte furiose.
Bramivano selvaggi, nè amici nè fratelli,
con la schiuma nei labbri e sui denti
a caccia di ori e di favori.
Si consumavano i più
nel loro tempo migliore in grandi violenze.
Sino a quando si ritrovò
dimenticato del vecchio "otus"
questo breve suo pensare:
"Si lavori con collaborante dedizione alla medesima mira
dall'alba al tramonto, senza astuzie nè clamori di parte,
passando sotto silenzio ogni fatica
e senza girare di fronda in fronda in rivolte o opposizione
per personale ambizione
che è fomite di discordia e di separazione".
Chiudeva così "otus" il suo dotto motto:
"Nelle mie conoscenze
è proprio dell'animale
avere gli occhi fissi in terra e il muso nella greppia
in continuo a ruminar.
E' dell'umano invece aver
con l'occhio e con la mente
lo sguardo fiso alle alte sfere
teso nella ricerca della miglior via
che il cielo sempiterno
nasconde dietro l'orlo
in un favillar di stelle"
Fra. Pel. 11 febbraio 2012